“U Scuru” di Nino Martoglio. Tre atti di verismo siciliano. Nel segno del puro dramma siciliano.
“Questa è una storia semplice, fatta di cose semplici, e di gente semplice. E’ una storia che comincia felice ma finisce triste…” Sulu li favuli di li picciriddi finisciunu sempri bonu! Ma questa non è una favola, è una storia di vita: è la vita stessa. Lu Zu Masi è forte come una roccia, lui ha perso troppo presto la sposa, e la vista. Ma lui gli occhi ce li ha, non è tutto “scuru” per Masi. Lui vede attraverso Nino, spera attraverso Nino, vive ancora…per Nino”.
Siamo in pieno oscurantismo. La povera gente ha voglia di cantare e ballare attorno al focolare domestico. Riscaldati e illuminati dall’unica luce di speranza e di vita nuova: la sacra unione della Famiglia. Una verità che verrà presto offuscata con la partenza di Nino per la guerra. Come poter non rispondere al dovere quando la Patria chiama. Da lì una serie di drammi si consumano e annientano i personaggi. Ma il dramma, il tarlo della tragicità familiare, è già dentro la casa. Prima la morte della sposa, la cecità di Zu Masi, poi la partenza dolorosa dell’adorato figlio Nino (bastone fisico e psicologico del padre cieco), quindi il ritorno di Nino privata anch’esso della vista, per sempre.
E il sacrificio maggiore, quella della piccola, dolce Rosa che rinuncia all’amore di Decu per accudire i due ciechi. Un sacrificio che commuove il pubblico che finisce per eleggere eroina del dramma proprio Rosa. E non Nino. Ma la figlia minore (sembra quasi una Cenerentola) messa sempre in un angolo, al buio anch’essa. Come se fosse in una cecità innaturale.
La casa è immersa nel buio e l’asse dell’attenzione del pubblico dal centro (dal padre cieco) viene spostata all’angolo destro della scena dove si rifugia, si schermisce, si dispera e piange, lavora e amoreggia la piccola Rosa (luogo desueto per un protagonista) che più di tutti alla fine pagherà lo scotto dell’eterne tenebre. Sarà lei la vera eroina.
Nel verismo di questo dramma si notano pregi e difetti, egoismi e altruismi dei personaggi: egoista il padre che vuole accanto a se per sempre i figli, soprattutto il maggiore Nino. Morbosamente egoista Nino che lascia il padre cieco per andare a servire la Patria. Starà lontano un anno e tornerà anche lui cieco, ferito in guerra. Adesso è lui ad avere bisogno e sostegno dal padre. Un rapporto alla pari. Trionfa il buonismo della piccola Rosa. Lei si che rinuncerà alla vita, all’amore per dedicarsi al padre e al fratello ciechi. E’ il dramma della solitudine, degli eterni incompresi. Anche Rosa, in un certo senso, sarà condannata alle tenebre. Tutti uniti dalla stessa, unica sorte: U Scuru…